PREADOLESCENZA: CHE CONFUSIONE!

Come Psicologa dell’infanzia e dell’adolescenza, mi capita spesso di incontrare bambini e ragazzi, sia nell’ambito privato sia in quello dei contesti istituzionali, come ad esempio la Scuola, nella consulenza agli insegnati o nello Sportello di Ascolto con i ragazzi.

FASI DIVERSE, CARATTERISTICHE DIVERSE

Ogni età e ogni fase dello sviluppo è caratterizzata da conquiste, sfide, e difficoltà, che rendono quello specifico momento unico in assoluto. Non si può dire che l’infanzia è “meglio” o “peggio” della preadolescenti o dell’adolescenza perché ogni momento è speciale e va visto nella sua integrità e ricchezza.

Qui vediamo insieme cosa è la PREADOLESCENZA, che siate genitori, insegnanti, figure di riferimento per i giovani di quest’età o che voi lettori siate i ragazzi curiosi, protagonisti di questo articolo.

Se dovessimo definire un’età specifica con cui far coincidere la preadolescenza, la risposta sarebbe “dipende”, ma generalmente il range che la definisce è quello dei 9-12 anni, ovvero tra la 4^-5^ Primaria e i tre anni della Scuola Secondaria di I° grado.

La preadolescenza è spesso confusa con l’adolescenza ma, rispetto a quest’ultima, presenta delle caratteristiche particolari che, se nelle altre fasi di sviluppo possono essere segnali di difficoltà, in questa fase sono considerate naturali e fisiologiche.

PAROLA CHIAVE: CAMBIAMENTO!

La preadolescenza è di certo l’età dei cambiamenti, a diversi livelli:

  • FISICO, CORPOREO
  • ENERGETICO
  • PSICOLOGICO

A livello corporeo

ilaria cadorinFisicamente, la preadolescenza coincide con la pubertà.

Il corpo comincia a trasformarsi in maniera repentina e irregolare. Le braccia o le gambe sono sproporzionate rispetto al resto del corpo, con il ciclo mestruale nelle ragazze, il corpo si sviluppa a livello ormonale con l’aumento del seno, il cambiamento negli organi genitali, la peluria in varie parte del corpo; la voce cambia, in maniera più evidente nei ragazzi, casomai dopo due giorni di mal di gola o febbre; il viso si riempie di acne e fastidiosi brufoli di cui, fino a poco prima, i ragazzi e le ragazze non conoscevano l’esistenza. Il peso subisce variazioni e i ragazzi possono passare dalla magrezza eccessiva all’obesità.

Questo comporta nei giovani preadolescenti la sensazione di essere una sorta di Picasso per cui faticano a riconoscersi. Spesso questo cambiamento non piace loro del tutto: alcune parti sono accettate mentre altre sono rifiutate, facendoli vivere stati di ambivalenza, tristezza, rabbia, vergogna.

A livello energetico…

Le “pulsioni” si concretizzano sul corpo manifestandosi in quei comportamenti caratteristici dell’età. Fra questi rientrano il dire continuamente parolacce, e vantarsi di questo, il trascurarsi fisicamente, lo sperimentare la propria mascolinità (con spintoni, risse, prove fisiche della propria forza, e di conseguenza del proprio valore) o la propria femminilità (iniziando a curare l’abbigliamento, manifestare il corpo, curare le unghie, i capelli, con un solo obiettivo: verificare il proprio potere seduttivo. Chi è la “più bella”? Chi ha maggior appeal sugli altri?).

E psicologicamente cosa succede?

Fra tutti i cambiamenti tipici di quest’età, uno dei più importanti è il crollo delle aspettative “magiche” di cui, fino a quel momento, erano detentori i genitori. Nell’infanzia, la mamma e il papà sono una sorta di “eroi”: se il bambino ha dei problemi, loro intervengono a risolverli. Pensiamo alla differenza fra il ruolo che alla Scuola Primaria hanno i genitori e il ruolo che invece ricoprono poi alla Secondaria. Alla Primaria, i genitori sono in prima fila, pronti a rispondere a qualsiasi richiesta degli insegnanti e della scuola; tendenzialmente si organizzano fra genitori e i bambini seguono le loro decisioni. Alla secondaria, invece, i genitori passano in secondo piano. I “prof” si rivolgono ai ragazzi come a una sorta di “piccoli adulti” che devono cominciare ad assumersi delle responsabilità.

Preadolescenti: quale rapporto con i genitori?

I genitori non risolvono più i problemi per loro. Non solo non possono farlo al posto dei ragazzi ma, soprattutto, da questo momento è come se per i ragazzi, i loro genitori “non ne sono più capaci”. I ragazzi cominciano a metterli in discussione, a dubitare di loro, a criticarli.

Dei genitori, alla Secondaria, i ragazzi cominciano a vergognarsi. Alcuni esempi, fuori dal cancello della scuola:

“Papà, non parcheggiare di fronte alla scuola!”

“No mamma, non darmi il bacio prima che scenda dalla macchina, non sono una bambina.”

“Papà!!! Ma sei matto a suonare il clacson! Che figura che mi hai fatto fare!!”

I genitori non sono più fondamentali, indispensabili. Questo potere è adesso spostato sul gruppo di amici: sono loro il vero metro di giudizio, paragone, sostegno, confronto.

“AIUTAMI A STACCARMI DA TE… MA RIMANI COME PUNTO FERMO.”

Tutto questo vissuto, profondo e inconscio, di delusione verso i genitori, si manifesta in reazioni spesso palesi ed evidenti, come il prendere distanza da loro, chiudendosi oppure opponendosi con forza, l’essere più diffidenti (ora, al papà e alla mamma il figlio non racconta più “tutto” ma inizia a maturare degli spazi intimi e privati, da condividere solo con l’amica-del-cuore o il gruppo di pari) oppure mostrando ambivalenza fra vari comportamenti (vicinanza/distacco, apertura/chiusura, ricerca/fuga).

Il movimento psicologico di allontanamento e messa in discussione dei genitori, ha una finalità importantissima nello sviluppo del ragazzo, ovvero il potersi pian piano sperimentare mentalmente e concretamente nelle esperienze reali, come persona autonoma e capace. Se il genitore continuasse ad essere idealizzato e messo su un piedistallo dal figlio, come avviene nell’infanzia, il ragazzo non potrebbe mai separarsi da lui e dall’immagine di lui, non riuscendo a muoversi nel mondo con la voglia di capire chi invece può diventare.

Dall’altro lato, è fondamentale anche che la delusione naturale e fisiologica che il ragazzo incontra nel confrontarsi in questa fase con i genitori e, in generale, con gli adulti di riferimento, non sia troppa. Qualora fosse così, il ragazzo si troverebbe completamente senza punti di riferimento a cui appoggiarsi nel difficilissimo passaggio dall’infanzia all’età adulta, totalmente in balia delle trasformazioni a 360° di cui è protagonista.

A livello cognitivo.. la scuola

Conseguenza di questo è che tutto ciò che il preadolescente vive, a livello di trasformazioni profonde nei vari aspetti della sua persona, richiede una mobilitazione di risorse energetiche non indifferente per cui è anche naturale notare un eventuale calo nelle prestazioni cognitive e scolastiche (“Alla Primaria avevo tutti 9 e 10 mentre da quando sono alla Secondaria sembra che i Prof il 9 e 10 non sanno nemmeno che esistono!!). Anche gli interessi aumentano e questo si può manifestare in un rifiuto dell’impegno scolastico: c’è tanto altro di cui occuparsi (pensano i preadolescenti!).

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© DR.SSA ILARIA CADORIN

Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto

www.ilariacadorin.com

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