Ci sono relazioni malate dove la LIBERTÀ, il più grande diritto di ogni essere umano, diventa un peccato e dove l’amore diventa una prigione.
Garda questo cortometraggio.
Questo cortometraggio è la rappresentazione, nemmeno tanto simbolica, di cosa significa vivere in una condizione di violenza domestica.
Non si può uscire o, se si esce, bisogna avvisare e avere il permesso del compagno.
Le giornate non sono in compagnia ma sono sempre e solo “fra di Noi”… NOI….
IL SENSO DEL “NOI” CHE TI CANCELLA
Sparisce il “Due” dell’IO e del TU, lasciando spazio a questo soffocante e quanto mai velenoso “NOI”.
Il Noi che non contempla il TU, ovvero l’altro, con i suoi bisogni, i suoi desideri, la sua differenza, la sua vulnerabilità, la sua dignità, la sua Vita.
Rimane però in quel Noi un prepotente “IO”.
L’IO egoista e patologico del partner che perpetra, giorno dopo giorno, il plagio della mente e del corpo della compagna.
Ossessività, gelosia e paranoia sono i suoi migliori alleati a cui segue l’inevitabile necessità di controllo, quasi di persecuzione, sulla vita della partner, le sue uscite, i suoi impegni, le sue relazioni.
È io IO che vuole dominare la partner, che non riesce a reggere la frustrazione della perdita del legame con lei e che spesso compensa la violenza compiuta, con attenzione e tenerezze (leggi l’articolo VIOLENZA DOMESTICA: BIG LITTLE LIES).
QUANDO FAI MALE, NON AMI: LE FORME DELLA VIOLENZA
Non si tratta sempre e solo di una violenza di tipo fisico (pugni, schiaffi, spinte, minacce, calci…) o sessuale (stupri, molestie, rapporti non consenzienti), come si è abituati a pensare.
Spesso, infatti, la violenza è anche e soprattutto psicologica e assume le forme del controllo dei comportamenti e dei movimenti, delle svalutazioni continue, dei rimproveri, di limitazione alla libertà della compagna con restrizioni talvolta anche economiche (al fine di acuirne la dipendenza verso di lui) o isolandola, negandole così i contatti e mantenendola alla mercè di una subdola e machiavellica manipolazione mentale.
Ingannandola.
Facendole credere che non deve vedere e provare ciò che invece sta vedendo e sta provando.
Paura.
Angoscia.
Terrore.
“Come può, l’uomo che dice di Amarmi, volere il mio Male?” .
È proprio questa la domanda silenziosa e lacerante che come un tarlo divora la donna nel suo profondo.
“DOMANI USCIAMO”
Il “Domani usciamo” di questo cortometraggio equivale al
“Domani le cose cambieranno”.
“Domani sarò/sarà diverso”.
“Domani starai bene”.
“Domani sarai felice”.
Ma è un domani che non arriva mai.
Sulla facciata di questi rapporti si crede di leggere la parola “amore”, nei comportamenti del partner che sono spesso ambivalenti, mascherati, che sembrano riconoscere il valore dell’altro come essere distinto da sè ma che poi, nel buio della notte, fanno sentire la stretta dolorosa delle catene.
Un amore che è una prigione, non è amore.
Se vi sentite in prigione, se vi siete convinte che manifestare i vostri bisogni sia un peccato, se anche solo una piccola parte di voi vuole credere che non “è normale” ciò che il vostro compagno vi presenta come tale, che non siete voi ad essere sbagliate o a pretendere troppo, che questo amore non è amore ma violenza che fa male, che fa morire dentro, che toglie il piacere della vita…
Non state in silenzio ma come potete, appena potete:
CHIEDETE AIUTO.
Dr.ssa Ilaria Cadorin
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